Qualche mesi fa ho partecipato alla masterclass di un suonatore di tabla indiano. Un incontro molto interessante che mi ha fatto riflettere sul ruolo e sull’importanza della figura dell’insegnante di musica.
In India, il maestro di musica non è una figura come la intendiamo in occidente: è un vero «maestro di vita», una persona che condivide molta parte della giornata con l’allievo, talvolta (come in questo caso) va ad abitare con lui e la sua famiglia.
L’obiettivo è insegnare a suonare uno strumento, ma anche rapportarsi con il mondo, con le persone; insegnare un nuovo modo di analizzare i fatti, le cose, le emozioni.
Questo incontro mi ha dato lo spunto per riflettere sul ruolo dell’insegnante di musica qui, in Italia, quindi anche sul mio ruolo e sul modo che ho di rapportarmi con gli allievi.
Considero la musica un’emozione. Prima ancora di essere arte, prima ancora di essere una materia di studio o un lavoro, la musica è quella cosa che ti tocca dentro, ti tocca nel profondo.
Ma c’è di più: la musica può diventare una chiave di interpretazione della vita. Può aiutare a vedere le stesse cose da più punti di vista. Così come un accordo di dominante può essere sostituito dal suo tritono e funzionare benissimo, allo stesso modo un aspetto della vita di tutti i giorni può essere considerato e affrontato in modi diversi. Tutti validi, se ci aiutano a raggiungere l’obiettivo che abbiamo in testa.
Sono fermamente convinta che anche nel mondo occidentale un buon «maestro» debba essere qualcosa di più di un semplice insegnante: dev’essere un esempio in grado di comunicare questa emozione. Di stimolare la curiosità, la voglia di migliorarsi sempre senza scoraggiarsi, di scoprire nuove cose. E non solo per quella frazione di tempo che passiamo sullo strumento suonando.